chiamarti alla mia parola
tracciato dominio di una parete
battuta dall’acqua dei sogni
steli di ombra su zampe di alcione
tropici equatori meridiani australi
le spezie dei venti
ogni terra scoperta sulla tua mano
esplorata nelle tue iridi
altri solcano i ventri delle madri
fidati nell’antenna delle algebre
con guanti di luna
la corda prevista oltre l’incognita
senza rantoli nella gola
senza testimonianza di furore
tengano le viti cibernetiche
le cinture di alluminio
la sequenza degli orologi
e dove sui registri si annota
il tempo delle presenze
ma dopo incaute sonde di latte
si gonfiano nei visceri
sparsi nel seme della lebbra
moltiplicata coscienza di stragi
nutrirli di alghe
inchiodarli all’orrore della verità
nastri sputati sulle porte
future lettiere di peccato
chiamami nella tua parola
rivelazione del toro e del corno
condanna dell’uomo
alzami sulla tua spada
insolenza e rifiuto

Gian Giacomo Menon nacque nel 1910 a Medea (Gorizia), allora territorio austriaco. Dal 1937 all’anno della morte (2000) ha vissuto e insegnato a Udine.
Pensiero individualista, solipsista, pragmatista, sostenitore della isostenia dei logoi, definiva così i suoi «segnali di vita»: casualità, nudità, paura.

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