Morendo, Menon ha lasciato in casa 25 pacchi di manoscritti e dattiloscritti, il laboratorio poetico dei suoi ultimi anni (1990-1999): sono migliaia di foglietti fitti di versi con correzioni, varianti, cancellazioni che ora fanno parte del fondo istituito a suo nome alla biblioteca civica Joppi di Udine. Ma in quei foglietti, oltre che i versi, si trovano anche, numerosissime e preziose, quelle che lui definiva «note a margine dello sconforto» (sempre manoscritte e inserite fra parentesi quadre): sono il suo diario intimo, il quaderno delle sue riflessioni, e soprattutto la registrazione della disperazione e dell’angoscia del poeta che, in una lotta atroce con il corpo che si corrompe e si degrada, sente avvicinarsi l’ora della fine mentre il bilancio della sua vita gli appare fallimentare e disastroso.
È noto per testimonianze dirette che Gian Giacomo Menon ha tenuto a lungo un diario, che probabilmente lui stesso ha in seguito distrutto. Stando a un primo, sommario esame delle carte lasciate dal poeta nella sua abitazione al momento della morte – quei 25 cartolari, il suo laboratorio creativo, suddivisi cronologicamente dal 1990 al 1998 che costituiscono la parte più consistente del Fondo Menon costituito nel 2012 alla biblioteca civica Joppi di Udine -, negli ultimi 10 anni di vita quel diario intimo sembra essere stato sostituito dalle annotazioni vergate a mano, tra parentesi quadre, sul margine di numerosissimi di quei foglietti, le già citate «note a margine dello sconforto».
Pensando che possa servire a una migliore comprensione del personaggio e della sua opera, in questa sezione mettiamo a disposizione del lettore una parziale selezione di tali annotazioni (per una più ampia scelta cfr. G. G. MENON, Qui per me ora blu – Una vita per la poesia 1910-2000, edizioni KappaVu, Udine, 2013).
Quello che segue è l’inizio di una delle 5 lettere che il poeta inviò, insieme a un canzoniere d’amore, alla giovane donna di cui era innamorato. I testi completi si possono leggere in G. G. MENON, Poesie inedite 1968-1969, Aragno, Torino, 2013, pp. 127-141. Lettere preziose perché praticamente sono gli unici esemplari significativi della fitta corrispondenza che Menon intrecciò per tutta la vita soprattutto con ex allieve e allievi.
«Copiare. Correggere. Pentirmi. Cancellare. Fumare. Copiare. Alzarmi. Bere caffè. Lavarmi le mani. Copiare. Sbagliare. Buttare via il foglio. Guardare fuori della finestra. Copiare. Alzarmi. Togliermi il pullover. Camminare per la casa. Copiare. Rimettermi il pullover. Fumare. Alzarmi. Bere caffè. Lavarmi le mani. Copiare. Guardare fuori della finestra. Correggere. Pentirmi. Cancellare. Sbagliare. Buttare via il foglio. Etc. E sempre pensarti e dentro sai come.
E accorgermi. Troppe in poco tempo. E complessivamente. Ripetizioni. Non sempre riscattate l’emozione e l’autobiografia. Le situazioni di te. Qualche cosa forse da salvare. E sperare in tue osservazioni e consigli.
E volertele leggere e dirti ma non convulso come a scuola, alienato come a casa. Serenamente. Con il giusto distacco. E tu non ridere.
E propormi anche di dirti delle tue, le poche che ho. E prima qualche tua precisazione. Ma discorso autorizzato con sigillo.
E farmi perdonare le cattiverie e la malizia dell’anatra. E dire una volta per tutte ai poco avveduti ermeneuti, se ci sono, che si tratta di un’anatra selvatica non da cortile e da pentola.
E farmi perdonare anche due parole in parentesi, presuntuose e piuttosto insolenti, della lettera 2.
[…] E sempre essere con te e dentro come sai. E di più».
Udine 18 agosto 1968
M.