Il canone poetico

«Se in mia poesia è simbolismo, esso non ricerca, rimanda a ignoto, esso è soltanto traduzione di realtà, in realtà è la stessa realtà sotto 2 punti di vista; la mia poesia nasce magari da una parola, da una sola parola, dalla sua forma e suono al suo senso vero, supposto, inventato, da una parola, da una sola parola, dalla sua forma e suono al suo senso vero, supposto, inventato da una parola, da un pensiero, una rappresentazione, una fantasia, un sentimento, insomma da un certo stato complessivo d’animo e umore; per scrivere una poesia (io) occorre il nodo cioè un pensiero, una rappresentazione, un ricordo intrecciato intimamente con un sentimento, una fantasia; copio su quaderno la mia poesia paratattica, frammentaria, impressionistica con qualche inserto (?) espressionistico, nominalistica, autobiografica di memoria e (?) individualistica, anarcoide, scettica e non di ricerca, ma di negazione in radice, fondo contadino cristiano; mondo di parole è mondo di cose, niente niente di più, neanche tenebra» (agosto 1996)…

Gian Giacomo Menon nacque nel 1910 a Medea (Gorizia), allora territorio austriaco. Dal 1937 all’anno della morte (2000) ha vissuto e insegnato a Udine.
Pensiero individualista, solipsista, pragmatista, sostenitore della isostenia dei logoi, definiva così i suoi «segnali di vita»: casualità, nudità, paura.

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