Polemiche e commenti politici

Nelle «note a margine dello sconforto» si trova un po’ di tutto: dalle dichiarazioni di poetica ai commenti sulla situazione politica italiana (maggio-giugno 1997: «La faccenda di B[erlusconi] è una pagliacciata, una velleità»; ottobre dello stesso anno: «Dico 1) Prodi resta fino alla fine 2) Bossi non conclude niente»; aprile-maggio 1997: «La politica, il voto non è idealità, scelta (…) è solo tornaconto, paura; io voto Bertinotti comunista cioè il contrario delle mie posizioni teoriche»; settembre-ottobre 1997: «Berlusconi dovrebbe ritirarsi, Bossi accontentarsi di autonomia regionale, Bertinotti non dovrebbe chiedere l’impossibile, Fo dovrebbe vergognarsi e restituire il Nobel»;
o con Massimo Cacciari, uno dei suoi bersagli preferiti: «Cacciari non farti ridere, prego non così per dire cose banali e risapute, se tutto il tuo libro è come questo stupido ingenuo arzigogolo di parole puoi tagliarti la barba, sì dire cose vecchie note e banali con quel presuntuoso apparato di parole; Cacciari, mettere in imbarazzo il lettore è, secondo me, atto di cattiva educazione, anzi di cafonaggine» (settembre-ottobre 1997)…

Gian Giacomo Menon nacque nel 1910 a Medea (Gorizia), allora territorio austriaco. Dal 1937 all’anno della morte (2000) ha vissuto e insegnato a Udine.
Pensiero individualista, solipsista, pragmatista, sostenitore della isostenia dei logoi, definiva così i suoi «segnali di vita»: casualità, nudità, paura.

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