Ma ci si imbatte anche in apostasie sorprendenti che sgretolano certezze consolidate, che ribaltano e contraddicono le convinzioni e l’essenza di un’intera vita: «Chi legge poesia? quattro gatti spelacchiati. Chi scrive poesia? perdigiorno, annoiati; la poesia non serve a nessuno, è tempo perso, è roba troppo privata, eventualmente serve solo a colui che la inventa, che la scrive e la salva solo per sé, per una nuova chiarezza e convalida»; «Poesia, prodotto della noia, del fastidio esistenziale, delle mani che stringono aria»; «La filosofia? roba inutile, dannosa, roba da sfaccendati, da dissennati» (aprile-maggio 1997)…