Il fondo Menon alla Biblioteca Civica Vincenzo Joppi di Udine

13 giugno 2012

Conferenza Stampa 13/06/12

 

Il Fondo Menon conservato nella sezione manoscritti della biblioteca civica Vincenzo Joppi di Udine, è composto da 35 unità archivistiche: la maggior parte di esse è formata da carte sciolte in prevalenza manoscritte, ma anche dattiloscritte, con poesie quasi sempre numerate in sequenza e appunti sparsi, concernenti questioni di poetica o situazioni personali. Ad eccezione di qualche fascicolo, anche le carte, raccolte per lo più entro cartoncini di contenimento di colore beige o rivestimenti plastificati arabescati o a motivi vegetali o entro contenitori di cartone, sono numerate in serie interne che vanno spesso da 1 a 100 e poi riprendono lo stesso intervallo o intervalli più brevi, conferendo così, insieme alla numerazione delle poesie, una significativa organicità a ogni singola unità: non sarebbe altrimenti semplice ricostruire la continuità delle carte, dal momento che la scrittura di Gian Giacomo Menon rielabora in modo particolare e personale i segni grafici che sono tuttavia quasi sempre riconoscibili una volta identificati e che adottano un doppio trattino alla fine di ogni poesia.

Nel caso di varie unità, le poesie dattiloscritte sono trascrizioni di  quelle manoscritte e presentano ulteriori correzioni autografe. In gran parte le carte derivano da fogli riciclati di provenienza molto eterogenea, vergati il più delle volte sia sul lato recto libero sia sul lato verso negli spazi disponibili: si tratta di circolari scolastiche, materiali didattici, fogli contabili, fotocopie, disegni, volantini pubblicitari, cartoncini derivati da confezioni di calze da donna o da altri prodotti, oltre a fogli bianchi o a righe e quadretti. Si ha l’impressione perciò di una sorta di grafomania e pulsione alla scrittura che investe qualsiasi supporto cartaceo che sia a immediata disposizione dell’autore, come dimostrano anche le datazioni ravvicinate: alcune carte sono di grande suggestione, con una poesia su un lato e un disegno infantile sull’altro; a volte la scrittura si sovrappone e si interseca, come nei fogli contabili e in alcune circolari scolastiche, ai dati preesistenti.

Oltre alla carte sciolte, all’interno del Fondo troviamo materiali di altro tipo: interessanti sono in particolare due agende (Agenda 1998 e Agenda 1999) e un quaderno manoscritto senza datazioni, titolato al suo interno Filosofia, che contengono appunti per le lezioni, riflessioni su concetti filosofici ed esercizi linguistici su radici etimologiche, giochi verbali che richiamano quelli di molte poesie. Una scatola con placca dorata (dove è inserito anche il quaderno titolato Filosofia) raccoglie fotocopie dipoesie giovanili pubblicate nel periodo goriziano, della recensione di Domenico Cerroni Cadoresi sulla rivista dell’Università Popolare di Udine (marzo 1999) e della presentazione di Carlo Sgorlon e Maria Carminati a I binari del gallo (edizioni Campanotto, Udine, 1998), di due racconti di Maria Carminati, dei certificati di servizio dei primi anni di insegnamento, e inoltre inviti e avvisi di manifestazioni culturali dedicate a Menon e Pezzé (Ricordando Pezzè, Liriche d’autori regionali su testi di Gian Giacomo Menon) e fotocopie di materiali critici sulla collaborazione (appendici dalla tesi di Daniela Terranova Poesia e serialità in Piero Pezzé. Edizione critica e analisi delle composizioni dodecafoniche per coro e per voce e strumenti, I poeti di Piero Pezzè , tratto dal numero 1 di «Ce fastu?» del 2003), la pagina de «Il Gazzettino» di domenica 6 dicembre 1998 con due articoli su Menon (Il logos e la metafora di Luciano Morandini e Filosofo del nulla e poeta assoluto. Il sigillo fortissimo di una ispirazione solitaria senza padri né figli di Carlo Sgorlon). Ci sono poi 66 fotografie della famiglia Menon corredate da didascalie, tre cd contenenti le composizioni musicali di Pezzé e James Dashow (Sul filo dei tramonti), fotocopie di materiali provenienti dal Fondo Crali del MART di Rovereto relativi alla prima fase futurista di Menon e alla sue attività e frequentazioni (tra i quali l’articolo Come diventammo futuristi, pubblicato in «Razzi futuristi» e  firmato da «Dinamite», con una foto di Menon nello studio goriziano tra 1930 – 1931, e le prime poesie conosciute di Menon, comparse sul numero 11 di «Squille Isontine» (1929, direttore Sofronio Pocarini), ovvero San Donato in monte, La vergine del castello, Viaggio, composte in uno stile ancora classicista e attardato, distante dall’influenza futurista.

Nella stessa scatola, oltre a lettere e biglietti con messaggi di cordoglio per la morte di Menon, sono presenti due fascicoli, di 112 e 8 carte dattiloscritte (con correzioni autografe), con le poesie del 1968 e del 1969, ora pubblicate in Gian Giacomo Menon, Poesie inedite 1968-1969, a cura di Cesare Sartori e Giacomo Trinci, Torino, Nino Aragno editore, 2013: si tratta di 110 poesie e costituiscono le composizioni più remote per datazione del Fondo che comprende, in una cartella a parte, anche il numero della «Fiera Letteraria» di giovedì 18 agosto 1966 (anno XLI, n. 32), dove, alle pagine 6 e 7, sono pubblicate 17 poesie di Menon, ovvero  Scambiati zodiaci, Terra antica, Una scala per i pozzi lunari, Si dedica, Pomeriggi di infanzia, Questa radice di parola, Non chiedere il cedro, Nero volo dell’anatra, Non  inganni la chiave, Peso di olive notturne, Averti come i lunghi odori della terra, Fede respirata nel ventre, Restituirti la strada in disarmo, Vengo con zufoli, L’infanzia ripercorre, Essere legati e legarsi, Dare le mani al gioco delle lune.

In un’altra cartella, insieme a materiali donati da Cesare Sartori e Franco Bombi, si trovano  5 lettere di Menon a destinatario anonimo («C. S.») dell’agosto 1968 (ora pubblicate nel volume delle Poesie inedite 1968-1969, cit.), 4 fogli autografi, 8 fogli con spartiti della Piccola cantata di Menon (1971), 70 fotografie di Menon e di familiari realizzate tra 1906 e 1959, un cd con la dicitura Menon trascrizione inediti, una plaquette di 19 poesie trascritte a mano intitolata Meno di un giorno(Unicopia edizioni, Udine, 1994), datata 1 gennaio 1994 (il cd citato contiene la trascrizione, compiuta da Cesare Sartori, di tutte le poesie dattiloscritte, di numerose composizioni manoscritte nonché di centinaia di Appunti a margine dello sconforto, autografi e manoscritti, riguardanti questioni di poetica o la situazione esistenziale del poeta; tutto materiale riferibile al periodo 1990-1998 e contenuto in 25 pacchi, collazionati e datati dall’autore e ritrovati nella sua abitazione all’inizio del 2012).

Le 13.716 carte sciolte del Fondo Menon contengono 18.909 poesie: escludendo quelle del 1968 e 1969 e considerando il complesso di quelle in cui la datazione è indicata, il periodo di composizione va, in modo discontinuo, dal 1988 al 1999. Le singole poesie sono raramente datate, mentre l’indicazione degli estremi di un’unità compare generalmente, in forma più o meno esauriente e con la specificazione del numero della prima e ultima poesia, nell’etichetta apposta sull’involucro di rivestimento oppure è vergata sul cartoncino di contenimento anteriore o sul fianco del cartolare. I nuclei più cospicui di poesie, caratterizzati anche da una distribuzione omogenea nel corso dell’anno, riguardano il 1997 (5.183 poesie, in 9 unità), il 1998 (4.136 poesie, in 6 unità) e il 1990 (2.495 poesie, in 4 unità). Poesie del 1997 e 1998 sono presenti anche in due degli otto fascicoli di carte sciolte conferiti al Fondo da Maria Carminati, nei quali a composizioni del 1999 (gennaio-maggio) si affiancano gruppi più limitati del 1988, 1990, 1993, 1997, 1998 (con numerazioni non consecutive).

Riflessioni e appunti sparsi sono frequenti nelle carte del 1997 e 1998 (in particolare le unità contrassegnate con gli estremi «16 ottobre-31 ottobre 1997», «1997 / 4.686-5.188 / 31 ottobre-31 dicembre», «1998 II – anno I», «1998 II ½ anno III») e nelle carte che erano in possesso di Maria Carminati, dove compaiono, tra l’altro, commenti alle poesie e osservazioni significative come quelle segnalate fra parentesi quadra con l’indicazione «La mia poetica» o «Idee per una poetica» (Fascicolo V, carta n. 1 della II serie interna), come le note di poetica dell’ «Intervista mancata» (Fascicolo IV, carte n. 99 e n. 100 della I serie interna) e le considerazioni filosofiche sul pessimismo (Fascicolo IV, carta n. 72 della I serie interna) e sulla distruzione continua operata dal tempo (Fascicolo III, carta n. 85 della I serie interna, appunto del 27 febbraio 1999).

Nel caso di due unità costituite da poesie dattiloscritte, non è possibile stabilire una datazione certa: di particolare rilievo sono le 514 poesie del fascicolo donato da Annasilvia Bombi, numerate da 729 a 1.277 (con interruzioni) e ispirate da temi come il richiamo dell’infanzia, la consolazione sempre irrisolta dell’amore, la precarietà della parola e della memoria.

Per quanto riguarda le carte sciolte all’interno delle unità archivistiche (che non hanno subito variazioni rispetto alla situazione di consegna), il numero oscilla fra un minimo di 74 e un massimo di 745 elementi. La dimensione della maggior parte delle carte corrisponde alla metà di un foglio di formato A4, attestandosi intorno ai 148 x 210 mm.

Gianni Cimador

Gian Giacomo Menon nacque nel 1910 a Medea (Gorizia), allora territorio austriaco. Dal 1937 all’anno della morte (2000) ha vissuto e insegnato a Udine.
Pensiero individualista, solipsista, pragmatista, sostenitore della isostenia dei logoi, definiva così i suoi «segnali di vita»: casualità, nudità, paura.

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