Sabato 14 gennaio si parlerà di Menon a Pistoia

22 gennaio 2014

Sabato 25 gennaio, alle ore 18, nella libreria Lo Spazio di via dell’ospizio di Pistoia, il professor Marino Biondi dell’università di Firenze e il curatore del volume  Cesare Sartori presenteranno «Qui per me ora blu – Una vita per la poesia 1910-2000»

 (KappaVu edizioni, Udine 2013, pp. 240, euro 22), raccolta di poesie inedite di Gian Giacomo Menon.
Chi si prende cura dei poeti? Non di quelli conosciuti, amati, citati e che fanno riaffiorare le emozioni delle nostre vite, le sottolineano, innescano malinconie e alimentano rimpianti. Questi hanno tanti che ne curano il ricordo, indagano sulle loro esistenze, sui sentimenti, le relazioni, i deliri che ci hanno lasciato come segno del loro passaggio. Chi si cura di quelli scomparsi insieme alla fine della loro vita, inascoltati e perduti nello scorrere degli anni?
Bisogna avere passione, tenacia, un po’ di testardaggine e caparbietà, essere convinti che si sta affrontando un’opera impossibile, ma che val la pensa di tentare, oltre a qualche dote investigativa, per riuscire a far riemergere dal nulla, dalla frantumazione dei ricordi, chi era già stato cancellato dal tempo. Può capitare così, quasi per caso, che uno di questi poeti evanescenti per l’inconsistenza dei loro segni tra di noi, torni far sentire la sua voce.
Gian Giacomo Menon (Gorizia 1910 – Udine 2000) sarebbe rimasto un nome destinato tra poco all’oblio, un uomo piccoletto, bruttino e bizzarro, un professore di storia e filosofia che non poteva lasciare indifferenti, più spesso detestato che amato, per la sua stravaganza, la ruvidezza e l’anticonformismo che volutamente ostentava. Scriveva poesie, da sempre, in modo compulsivo se non ossessivo, ma lo sapevano in pochi. Aveva pubblicato pochissimo: aspirava a vedere i suoi versi raccolti, magari sotto il nome di un editore di prestigio, ma ha atteso invano che qualcuno glielo chiedesse.
Menon era piuttosto, per tanti suoi studenti del liceo classico Stellini di Udine – gente che non era ancora diciottenne subito prima o subito dopo il Sessantotto – un insegnante di quelli che lasciano tracce, segni, impronte, anche ferite nelle coscienze. Gli sono passate per le mani almeno due generazioni di studenti friulani. 
Un carisma il suo intessuto anche di provocazioni e di bizzarrie, sintomo della voglia di stupire, di colpire l’attenzione dei suoi allievi. Insomma un indimenticabile, insopportabile, adorabile insegnante.
A prendersi cura della riemersione della sua figura e delle sue parole è stato un suo ex studente, forse più degli altri, o forse soltanto il più consapevole di dovergli restituire qualcosa, Cesare Sartori. Una volontà, la sua, di soffiare via la patina di polvere da quel milione di versi – fatto di per sé straordinario – scritti, corretti, ripresi e lasciati da Menon in decenni di febbrile lavoro. L’opera dell’insegnante che riemerge a poco a poco grazie al lavoro quotidiano dell’ex studente, anche questo ai limiti dell’ossessione, quasi un filo che lega i due. Una storia che diventa doppia, oggi e ieri, chi parla e chi ascolta, chi lascia segni e chi li ritrova.
Dal passato riemergono tracce.
Dopo la raccolta uscita per Aragno nel 2013 («Poesie inedite 1968-1969»), è stato realizzato «Qui per me ora blu – Una vita per la poesia 1910-2000», per il quale la coppia Menon-Sartori è riuscita anche a smuovere il mondo accademico: un docente dell’università di Trieste ha scritto il primo saggio critico sull’opera poetica del professore. Ma la sorpresa è… in musica: spuntano gli spartiti che dieci musicisti hanno composto ispirandosi alle liriche di Menon: ricuperati, riarrangiati, registrati e ora disponibili per l’ascolto in un cd allegato al libro di KappaVu.

A volte può succedere l’imprevisto: che ci sia qualcuno che si prende cura dei poeti dimenticati. 

Info: Lo Spazio di via dell’ospizio – Libreria galleria d’arte sala da tè / Via dell’Ospizio 26/28 – 51100 Pistoia / lo-spazio@libero.it /www.lospaziodiviadellospizio.sitiwebs.com

 

Gian Giacomo Menon nacque nel 1910 a Medea (Gorizia), allora territorio austriaco. Dal 1937 all’anno della morte (2000) ha vissuto e insegnato a Udine.
Pensiero individualista, solipsista, pragmatista, sostenitore della isostenia dei logoi, definiva così i suoi «segnali di vita»: casualità, nudità, paura.

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